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Nuoro NewsnotiziesardegnaOpinioniAgricolturaReflui, ecologia in salsa algherese
Enrico Muttoni 30 aprile 2018
L'opinione di Enrico Muttoni
Reflui, ecologia in salsa algherese


Anche la prossima stagione estiva vedrà la Sardegna affrontare l'arsura con le riserve d'acqua piovana sufficienti al soddisfacimento dei consumi. Civili, agricoli e industriali. Sarà probabilmente inutile perciò il ricorso all'utilizzo dei reflui urbani per l'irrigazione della Nurra. Questo però non farà retrocedere i fautori del loro utilizzo, spacciato come un progresso epocale, la soluzione finale per questo genere di problemi. La logica secondo la quale è stata deciso questo metodo di irrigazione è la seguente: L'acqua può essere depurata (senza conoscere il significato del termine); L'acqua depurata, se supera i controlli analitici, ha le stesse caratteristiche e proprietà dell'acqua piovana, ed è innocua; Se lo fanno in continente,e anche all'estero, vuol dire che si tratta di una pratica necessaria, corretta e moderna, che segna un progresso tecnologico che ci porterà alla pari di zone più evolute.

Ma: Naturalmente, nessuno spiega che la depurazione dei reflui urbani è un processo chimico-fisico-biologico operato da una macchina (il depuratore) che funziona in base a precise specifiche del materiale da lavorare (i liquami fognari) in ingresso, che del refluo in uscita. In altre parole, non tutto può essere versato in fogna senza danni, e il trattamento del refluo viene spinto fino a che il prodotto sia conforme al suo versamento nel corpo recipiente (il mare) senza causare fastidi. La legge consente un'ulteriore depurazione per l'utilizzo, in caso di necessità, nell'agricoltura. Le attività di controllo analitico delle acque, poi, non è finalizzato all'accertamento della “bontà” dell'acqua, ma unicamente a quello della regolarità di funzionamento dell'impianto di depurazione. Tanto è vero che, dati i tempi tecnici per le analisi, un eventuale allarme arriverebbe svariate ore dopo il verificarsi di un evento negativo. Questo significa che un inquinante, non presente nelle prescrizioni di legge, attraverserebbe l'impianto a lungo inavvertito, come passano senza intoppi tutti i sali solubili, a iniziare da quello da cucina. L'equiparazione della situazione ambientale della Sardegna a quella delle zone industrializzate del continente è un falso ideologico: per le caratteristiche geomorfologiche, per la Storia recente e passata, e per la bassa pressione antropica i sardi, dal punto di vista ambientale, vivono in una terra fortunata ed invidiabile, nonostante i tentativi degli ultimi decenni di rovinare questa situazione.
La Sardegna raccoglie le sue acque dai bacini imbriferi, e non dai pozzi artesiani, non ha più industrie pesanti, e quelle che restano sono accanto al mare.

Considerata infine la capacità di invaso della nostra Regione, 2,3miliardi di metri cubi, si può affermare che se esiste un problema è quello della distribuzione e della manutenzione di invasi e condotte. Certo non quello del riutilizzo dei reflui. Le motivazioni addotte da coloro che, al contrario, propugnano questo tipo di riciclo , sono strumentali, e dettate da uno specifico interesse: la difesa della validità di opere pubbliche inutili e dannose. Incredibilmente, basta che qualche fonte autodefinita autorevole parli di cambiamento climatico, senza portare un modello attendibile del fenomeno, e alla filosofica bellezza dell'eliminazione dei rifiuti ottenibile col riciclo, che elementari precauzioni di igiene pubblica vengano accantonate. E che, automaticamente, importanti finanziamenti pubblici vengano impiegati senza che l'opinione pubblica trovi il coraggio di avanzare una qualche obiezione. Neppure i movimenti ambientalisti, sempre attenti alle micropolveri, all'amianto, alla diossina, mostrano di avere qualche opinione in merito. Ci si deve convincere che il refluo depurato è un rifiuto liquido, analogo a quello gassoso che esce dallo scappamento dei motori ,che è un rifiuto trattato dal catalizzatore della marmitta.
Nel novembre dello scorso anno la trasmissione “Indovina chi viene dopo cena” , di RAI3, ha illustrato quanto succede in alcune risaie della pianura Padana.

La realtà presentata è molto allarmante: in pratica si mostra come, utilizzando le acque reflue per l'irrigazione (delle piantagioni di riso) non si faccia altro che avvelenare irrimediabilmente le campagne. Va detto che la Pianura Padana, zona nella quale l'agricoltura industriale è la norma, e in atto da decenni, praticamente non fa altro che riversare su se stessa buona parte dei residui che dovrebbero essere sottratti con la depurazione, e smaltiti. L'uso di ogni tipo di fertilizzanti e fitofarmaci, sui quali cade la pioggia, porta questa sostanze nella falda acquifera. Dalla quale si attinge l'acqua per l'irrigazione. Che, non essendo sufficiente, richiede l'utilizzo dei reflui, innescando un circolo perverso. In pratica, è come se si insegnasse alla campagna a fumare, sempre più accanitamente. Non solo, la libidine da riciclo ha portato anche all'utilizzo dei fanghi da depurazione come concime per le risaie. Il risultato è mostrato nel reportage televisivo. Il disastro è palese ed impressionante. E' paradossale, a pensarci: l'acqua di fogna va al depuratore, dal quale escono reflui e fanghi. I primi finiscono ad irrigare, non potendo essere smaltiti nel fiume (che va protetto, che diamine!) I secondi , a concimare le risaie, non potendo finire nell'inceneritore (che naturalmente, produce diossina, chissà mai perchè). Ma, allora, perchè depurare? Le sostanze nocive, che fine fanno?
Da noi, intanto, è stata sfrontatamente ottenuta una deroga al regolamento, che consente l'utilizzo dei reflui tal quale, laddove la norma prevede la loro miscelazione in parti uguali con l'acqua piovana. A dimostrazione che anche un'operazione apparentemente semplice non lo è per nulla. Ignoranza tecnica, spregiudicatezza politica, e cupidigia stanno spingendo la Nurra di Alghero ad avere il medesimo destino delle terre mostrate nel servizio televisivo. Siamo ancora in tempo a fermarci.
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