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Tonio Mura 23 dicembre 2017
L'opinione di Tonio Mura
Regalo di Natale


C'è una lezione molto antica che può aiutarci ad entrare nello specifico del Natale, se non altro per separarci qualche minuto dal clima consumistico e festaiolo imposto da certa pubblicità, ma anche dalla retorica buonista che in questi giorni impazza sui social, sulle tv e anche per le strade. Un tentativo, insomma, per passare dalla distrazione alla riflessione, oppure dalla confusione alla contemplazione. Partiamo da una domanda: se Dio esiste, come deve essere? La risposta arriva dai filosofi della Grecia antica: deve essere diverso dall'uomo! A me pare una buona risposta, anche per evitare che ci siano uomini così presuntuosi e altezzosi da credere di essere essi stessi una divinità. Ma per essere diverso dall'uomo, quali dovrebbero essere le specificità di questo Dio, quali caratteristiche dovrebbe possedere che l'uomo non ha? Risposte: se l'uomo muore, Dio deve essere immortale. Se l'uomo ha una data di nascita, Dio deve essere eterno, cioè esistere da sempre e per sempre. Se l'uomo è imperfetto, Dio deve essere la perfezione in assoluto. Se l'uomo è corpo, Dio deve essere puro spirito. Se per l'uomo sono di più le cose che non conosce rispetto a quelle che crede di conoscere, Dio deve essere onnisciente. Se l'uomo è impotente di fronte alla morte, alle forze della natura o al suo destino, Dio deve essere onnipotente. L'elencazione può continuare ma sono sicuro che il lettore ne abbia già capito la logica e quindi, volendo, possa procedere da solo.

Io mi permetto di fare un passo in avanti, che in questo caso è l'introduzione dell'obiezione agnostica al ragionamento precedente, anch'essa molto antica: se l'uomo è un essere limitato e Dio invece è così grande, siamo sicuri che l'intelligenza umana sia in grado di conoscere questo Dio? Per gli agnostici non è possibile, perchè nessuna mente umana potrebbe afferrare interamente la grandezza di Dio. Ne deriva che nessun uomo, parlando di Dio, possa essere certo di ciò che dice. Di più: si rischia di parlare di Dio senza sapere se ciò che si dice sia giusto oppure sbagliato! La conclusione degli agnostici è disperatamente pessimista: se le cose stanno in questo modo tanto vale parlare di Dio, anzi non ne dobbiamo parlare affatto! Solo così non si cade in errore. Non negano Dio ma sostengono che Dio non possa essere conosciuto dall'uomo. Apro una parentesi: gli agnostici sostenevano che, oltre a Dio, anche la verità non possa essere conosciuta, provocando già allora l'ironia di Aristotele, che li irrideva per la semplice ragione che negavano la verità imponendone una, "la verita non si può conoscere", senza considerare che una logica di tal genere non rispetta il principio di non contraddizione, tanto caro alla filosofia antica e moderna. Chiusa parentesi. Quindi: dal ragionamento precedente sembrerebbe che non ci siano vie di uscita. Dio è così immenso da sfuggire a qualsiasi comprensione umana, a causa della natura stessa dell'uomo, incapace di afferrare così tanta grandezza e potenza. In poche parole: ci troviamo davanti alla inutilità di Dio! Senonchè arrivano in soccorso gli ebrei, che sviluppando la stessa logica giungono a intuire un elemento fondamentale, quella che possiamo definire la chiave di volta, cioè il concetto di Rivelazione. Esso è molto semplice: significa che quello che non può essere fatto dall'uomo può essere fatto da Dio. Se l'uomo non può conoscere Dio, Dio potrebbe decidere di rivelarsi all'uomo, cioè di farsi conoscere. Chi potrebbe impedirglielo? Gli ebrei raccontano la Rivelazione di Dio nella Bibbia, consapevoli che il discorso non è di semplice soluzione, per cui introducono linguaggi nuovi, usano metafore, creano miti e simbologie, insomma cercano di dire l'indicibile per composizioni e immagini da interpretare, nella convinzione che nello sforzo interpretativo Dio si rivela ancora una, cento, mille volte. Il culmine di questo "darsi" di Dio io lo vedo nel Cristianesimo, e lo dico senza voler ridimensionare l'importanza delle altre religioni.

Provo a spiegarne le ragioni: nel Cristianesimo si crede in Dio che si fa uomo in Gesù Cristo, "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre", questo recita il Simbolo Niceno-Costantinopolitano (IV secolo). Quindi, non solo un Dio che si rivela, ma un Dio che condivide la condizione umana e ne veste in tutto e per tutto i panni. Ovviamente una domanda è d'obbligo: ma era proprio necessario che Dio si facesse uomo? Cosa ci vuole dimostrare? Introduco a questo punto il concetto di "modello", che i cristiani intravedono in Gesù Cristo, non solo un modello di religiosità ma anche e soprattutto un modello di umanità. Ritorna la logica di partenza: se l'uomo non può essere Dio, Dio può farsi uomo. Così facendo annulla le distanze e entra nella storia, si fa carne e come ogni carne soffre e gioisce. La vicenda è così potente da definire in seguito i tratti di un umanesimo integrale e universale, verso cui ogni cultura si deve misurare e confrontare. Quando parlano di Gesù Cristo, i cristiani vedono in lui, nella sua persona, l'unione inscindibile di due nature, quella divina e quella umana (unione ipostatica), ambedue espresse nella più totale pienezza: vero Dio e vero Uomo. Ebbene, nella rivelazione non solo Dio ci parla di se stesso, ma addirittura in Gesù Cristo ci rivela la pienezza dell'umanità, spiega l'uomo all'uomo. Da qui la necessità dell'Incarnazione di Dio! Qual è quindi il progetto del Cristianesimo? Offrire un modello di umanità, Gesù Cristo, perchè ogni uomo possa diventare più uomo e ogni donna più donna.
La cosa che sorprende è il modo alternativo con cui Dio è voluto entrare nella storia umana: si è fatto povero tra i poveri. Ha scelto la condizione di quelli che non contano, di quelli che vengono interpellati solo alla scadenza delle campagne elettorali, di quelli che sono in graduatoria per le case popolari, di quelli che alla Posta e in fila aspettano di ritirare una magra pensione, di quelli che sono segnati dalla malattia o dalla profonda sofferenza del vivere. Tutto questo non solo per portare consolazione, non solo per promettere una miglior vita dopo la morte o farci accettare un destino ingrato. Tutto questo per riscattare quella parte di umanità esclusa e diseredata che grida vendetta al cospetto di Dio! Esclusi dal benessere, dal lavoro, dalla politica, dalla possibilità di curarsi, di istruirsi, di farsi una famiglia e di mettere al mondo dei figli. Ma Gesù va anche oltre: entra nelle case dei peccatori e pranza con loro, perdona la donna adultera che stava per essere lapidata, tocca i lebbrosi e i malati, fregandosene della consuetudine del tempo che considerava queste persone immonde, se non addirittura possedute dal demonio.

Oggi, chi vive in condizioni simili è considerato un peso per il nostro sistema sanitario! Siamo arrivati quindi all’ultima domanda: perchè tutto questo? Se Dio si fa uomo in Gesù Cristo significa che la dignità di ogni uomo e di ogni donna non può essere mai sfigurata nè dalla miseria, nè dalle debolezze umane. Se lo è non dipende da un destino ingrato che mi ha fatto nascere a Scampia anzichè ai Parioli, in Italia anzichè in Nigeria. Ogni uomo, in quanto uomo, ha il diritto di riscattare la sua condizione di povertà o di poter dare una svolta alla sua vita, e le istituzioni pubbliche a questo devono servire, a salvaguardare il principio di uguaglianza tra ogni essere umano, in virtù della dignità che appartiene a tutti quelli che camminano sulla faccia della terra. E ora fatemi passare il grande messaggio di speranza che porta il Cristianesimo: quanto vale l’uomo per il nostro Dio? Tantissimo, così tanto da essere destinatario di una grande promessa: la divinizzazione, cioè la vita eterna, esattamente come Dio stesso. Ed è in questa promessa che si deve misurare la dignità di ogni uomo, perchè è per tutti nessuno escluso. Buon Natale.


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