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Mariangela Pala 17 ottobre 2016
Rissa a Li Lioni: divieto di dimora per i migranti nigeriani
Il giudice ha convalidato l’arresto dei dieci migranti responsabili della lite scatenata al centro di prima accoglienza di Li Lioni. Accusati di rissa aggravata e lesioni personali per i quattro nigeriani è stato disposto il divieto di dimora nella struttura di Porto Torres e il trasferimento in un centro di Sassari, mentre per i sei somali è previsto l’obbligo di dimora nella stesso centro Li Lioni


PORTO TORRES - Il giudice ha convalidato l’arresto dei dieci migranti responsabili della lite scatenata al centro di prima accoglienza di Li Lioni. Accusati di rissa aggravata e lesioni personali per i quattro nigeriani è stato disposto il divieto di dimora nella struttura di Porto Torres e il trasferimento in un centro di Sassari, mentre per i sei somali è previsto l’obbligo di dimora nella stesso centro Li Lioni. La contestazione era sorta in seguito alle richieste del permesso di soggiorno da parte di 30 somali che lamentavano una mancata consegna dei documenti e attribuivano al direttore del centro Cheick Diankha, referente della comunità senegalese di Sassari, la responsabilità di non curarsi abbastanza di questa loro richiesta.

«La consegna dei documenti inerenti il permesso di soggiorno la prevede la questura secondo un suo preciso calendario e convoca i migranti per il ritiro dei documenti», spiega il direttore «questo ha creato una serie di disagi perché non conoscendo la procedura sebbene spiegata non è stata recepita». Inoltre i tempi della burocrazia sono lunghi perché «la questura è piena di lavoro - aggiunge Diankha – e non è facile servire tutti i centri della provincia».

I somali in base alle convenzioni internazionali firmate dall’Italia devono essere accolti e protetti secondo un sistema che gli permette di ottenere in modo celere il riconoscimento dello status di rifugiato seppure per il permesso di soggiorno sono richiesti tempi lunghi. Le difficoltà linguistiche fanno il resto. La procedura prevede che dopo cinque mesi nel centro, i somali possono finalmente andare via. Ma non hanno documenti di identificazione, ed il permesso di soggiorno non basta. Devono andare quindi alla questura e farsi rilasciare il cosidetto “documento di viaggio”, in mancanza del quale non possono essere identificati in caso di controllo, non possono avere una residenza, il codice fiscale, la tessera sanitaria, un contratto di lavoro. Occorre dunque aspettare.

Inoltre devono aderire, a differenza degli altri migranti, al progetto Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che prevede percorsi di accoglienza con l’assegnazione di un appartamento che superando la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevede in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento nel lavoro.
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